ETICHETTA NARRANTE DELLA POMPIA DI SINISCOLA

L’etichetta narrante è un progetto Slow Food e racconta il prodotto, chi lo produce e tutta la filiera.

La varietà

La pompìa di Siniscola è un agrume grande come un pompelmo  o anche più– può pesare più di 700 grammi – di colore giallo intenso e con la buccia spessa e bitorzoluta. L’albero deriva probabilmente da un’ibridazione spontanea, sembra un arancio, ma i rami sono molto spinosi.

Il frutto non si consuma fresco come gli altri agrumi, ma deve essere sottoposto a un lungo processo di lavorazione, a causa dell’elevata acidità, basti pensare che il suo succo, in passato, veniva utilizzato addirittura per lucidare il pentolame di rame e gli oggetti in ottone. 

Nel comune di Siniscola da questo agrume sono nati i dolci più tradizionali del paese, ancora oggi prodotti soltanto qui: “sa Pompìa intrea” e “s’Aranzata”. Un tempo erano dolci di grande pregio – per via della lunga lavorazione e degli ingredienti difficilmente reperibili come zucchero e miele – e venivano offerti ai testimoni di nozze o ai padrini in occasione dei battesimi. 

Il territorio

La pompìa cresce da almeno tre secoli  solo in Sardegna, nella Baronia che gravita intorno al comune di Siniscola. Sono ancora presenti esemplari cresciuti spontanei nei campi, ma storicamente le piante di pompìa si trovavano isolate nei giardini urbani e negli orti periurbani. Oggi vengono coltivate negli orti e giardini della piana alluvionale di Siniscola, in provincia di Nuoro, pochi metri sopra il livello del mare. Una zona situata tra il massiccio calcareo del Montalbo e il litorale basso e sabbioso, e dunque riparata dal vento.

La coltivazione

Fino agli anni ’90 del secolo scorso esistevano appena cento alberi in coltura promiscua insieme ad altri agrumi e alberi da frutta. Le piante arrivano, ed in alcuni casi superano l’età di 50 anni. Si tratta di piante quasi selvatiche, rustiche e molto resistenti che si sono adattate perfettamente alla tipologia di terreno e al microclima e non necessitano di particolari cure. Devono però essere irrigate con costanza e fertilizzate con letame e sovescio di leguminose.

La raccolta e la trasformazione

La raccolta si effettua a mano da dicembre a marzo, quando i frutti raggiungono un colore giallo e uniforme. I frutti appena raccolti si conservano in luogo fresco, buio e asciutto ed entro tre giorni dalla raccolta vengono lavorati. I dolci di pompìa hanno tempi di lavorazione di almeno sei ore, da quando si gratta via la scorza del frutto e lo si libera dalla polpa molto acida, cercando di non danneggiare o rompere la parte bianca sottostante. Al termine non rimane che una sorta di palloncino vuoto, dal quale si parte per ottenere i diversi prodotti derivati della pompìa. 

Per ottenere la pompìa intrea viene lessato, immerso nel miele millefiori e posto in una teglia a sobbollire per diverse ore. Riempiendo la pompìa intrea di mandorle tostate si ottiene invece la pompìa prena. Per realizzare l’aranzata si fanno bollire delle striscioline di scorza di pompìa, si uniscono a mandorle caramellate nel miele e si mescola il tutto per tre ore; infine si aggiunge lo zucchero, si stende il composto fino ad ottenere uno spessore di un centimetro e lo si taglia. Con le scorze si può anche produrre un liquore, facendole macerare nell’alcol 40 giorni e aggiungendo sciroppo di zucchero, mentre bollendo la polpa del frutto si ottiene la marmellata di pompìa.

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